sabato 2 luglio 2016

Niente scuse


È da un po’ che ci penso e lo ripeto ma mai nero su bianco, qui, e quindi – anche se questo potrà generare qualche polemica – credo sia giusto condividere tutti insieme un pensiero: il male peggiore per chi (non) corre sono gli alibi.

Potrò far nascere polemiche, dicevo, ma spero tu capisca che l’idea di fondo non è esprimere giudizi saccenti ma soltanto discutere insieme e riflettere su come gli alibi – in realtà – siano soltanto degli schemi che ci costruiamo per giustificarci e vivere più sereni nel nostro mondo ovattato.

Tutto questo preambolo nasce dal fatto che sempre più frequentemente sento dire:

ah, come vi invidio, voi che potete correre quanto e quando volete. Lo farei anch’io ma, sai, ho un lavoro, una moglie, dei figli, la lettiera del gatto da svuotare, il cane da pisciare, una vita da mandare avanti. E proprio non ci riesco: quanto vorrei avere tutto il tempo che avete a disposizione.

Beh, amico mio, lasciatelo dire con tutto il rispetto: queste sono solo scuse.

Chiaramente non parlo di situazioni in cui ci sia davvero l’impossibilità a fare qualcosa perché altrimenti perderesti anche le 5 ore di sonno che riesci a malapena a ritagliarti nell’arco della giornata, oppure perché qualche patologia – spero passeggera – ti impedisce di farlo. Mi riferisco a tutte quelle sovrastrutture che ci si crea per giustificare la pigrizia e – lasciamelo dire – la frase che citavo poco fa nasconde anche l’inutile “invidia” (lo metto tra virgolette perché non lo è nella connotazione peggiore del termine ma mi aiuta a farti capire il concetto che voglio esprimere) per la vita e i successi di altri, escludendo però tutti i sacrifici che fa il 99,99% di noi per potersi ritagliare un po’ di tempo buono per correre.


La sindrome dell'”Agriturismo Toscano”
Qualche anno fa – o forse erano decenni, non lo so – chiunque facesse un lavoro mediamente stressante (quindi praticamente quasi tutti) diceva: “quanto vorrei mollare tutto e aprire un agriturismo in Toscana!”. Come se mandare avanti un agriturismo fosse un’attività rilassante e semplice. Ti svegli alle 6, curi gli animali, prepari le colazioni (dopo esserti lavato le mani!), curi casa-piscina-giardino, devi essere gentile con tutti anche quando hai le giornate storte e gli ospiti ti chiedono le cose più assurde o si lamentano per sciocchezze solo per il puro piacere di rompere le scatole. E poi devi far quadrare i conti anche nei periodi di magra, promuovere la tua attività, destreggiarti tra cavilli burocratici e permessi. Insomma: un inferno! Ma tutti volevano aprire un agriturismo in Toscana.

Perché? Per il semplice fatto che non siamo sempre empatici e pensiamo che per gli altri sia tutto semplice, non ne vediamo le fatiche e pensiamo esclusivamente alle nostre.

L’apice si tocca alla frase “se mi dessero tutti i soldi che danno a Federica Pellegrini (o inserisci nome di un atleta di successo a tua scelta), anch’io diventerei un campione di nuoto”. Beh, col cazcavolo! Perché dietro a ogni successo c’è sempre tantissimo sacrificio.

Conosco persone che si svegliano alle 5 del mattino per fare quasi due ore di treno per andare a lavorare, tornano a casa dopo le 19, hanno moglie, marito, figli piccoli, lavatrici da fare, cene da preparare, mutuo, animali domestici e – nonostante questo – riescono a trovare il tempo per correre e divertirsi.


Il divertimento
È la chiave di tutto. Infatti le frasi che ho scritto qui sopra generalmente sono pronunciate da chi non sa cosa voglia dire correre oppure vivono il momento in cui infilano le scarpe da corsa come una sofferenza. Dimenticano la bellezza della corsa e quella meravigliosa sensazione di libertà che c’è quando sei fuori e senti il ritmo sincrono del respiro e dei passi, l’aria pulita e la dimensione diversa che hanno le cose quando le scopri correndo.

È inutile crearsi alibi: prova a correre o a uscire in bici o va’ in piscina (o magari fa’ tutte e tre le cose) e poi ne riparleremo! Ti sentirai una carica di energia così forte da poter illuminare New York a Natale. Adagiarsi sulle scuse senza aver provato è come parlare senza conoscere. Non trovi?

In fondo, generalizzando, è la stessa differenza che c’è tra invidiare la vita degli altri e cercare di costruirla per noi.

A scanso di equivoci, anche io non ho mai il tempo o la tranquillità per fare tutto quello che vorrei e mi sembra di essere sempre all’inseguimento di qualcosa, in costante ritardo. Però cerco di organizzarmi, di costruirmi le giornate in modo da trovare il tempo giusto.

Detto ciò, non voglio mancare di rispetto a nessuno ma solamente dire che, anziché lamentarsi, a volte basterebbe provarci. In fondo – come dico sempre – se ci riesco io, allora possono riuscirci tutti.

E, per chiudere definitivamente la questione “alibi”, cedo (con immenso rispetto) il microfono a Michael Jordan che dice:

Forse è colpa mia.

Forse ho lasciato tu credessi fosse facile,
Quando non lo era.

Forse ho lasciato tu pensassi che le mie azioni migliori nascessero sulla linea del tiro libero,
Anziché in palestra.

Forse ho lasciato tu pensassi che ogni tiro che facevo fosse vincente.
Che il mio gioco fosse costruito di lampi anziché di un fuoco continuo.

Forse è colpa mia se non hai visto che il fallimento mi dava forza,
Che la sofferenza era la mia motivazione.

Forse ho lasciato tu credessi che il basket dipendeva dal talento dato da Dio,
E non qualcosa per cui ho lavorato,
Ogni singolo giorno della mia vita.

Forse ho annientato il gioco.
O forse,
Ti stai solo creando degli alibi.

Pace.


Fonte: www.runlovers.it