Indice glicemico, glucosio, insulina, glucagone, ne sentiamo parlare e leggiamo spesso questi termini quando si parla di Carboidrati. Amati, ma anche odiati al punto da far esistere diete “No Carb” sono sempre al centro della discussione, soprattutto perché sono importantissimi per gli sportivi. Sono così importanti per il nostro organismo, soprattutto per il cervello, che abbiamo un sistema ormonale dedicato che ne regola la presenza nel sangue e l’utilizzo.
Per questo penso valga la pena soffermarsi su cosa succede quando ingeriamo dei carboidrati o degli zuccheri, perché ragionando sul percorso di questi alimenti si comprende molto di quello che ci succede quando siamo in movimento, sopratutto quando siamo prossimi al loro esaurimento.
Iniziamo ora il viaggio di un bel panino, ma anche di un gel di carboidrati o di una barretta energetica, non fa grossa differenza per il nostro racconto. La sto addentando, la mastico e sento il sapore dolce tipico degli zuccheri, già questo fatto manda il primo segnale al cervello: sta arrivando energia, se stiamo correndo si traduce in una riduzione della sensazione di fatica. Il bello di questo effetto è che non funziona se si usa un dolcificante, e funziona anche se poi gli zuccheri non vengono ingeriti. Ma siccome a noi serve l’energia li ingeriamo.
Quando i carboidrati arrivano allo stomaco, dove avviene una parte della digestione, danno un secondo segnale importante: arriva energia preziosa, lo stomaco si contrae e sposta il contenuto gastrico verso l’intestino dove i nutrienti e l’acqua vengono assorbiti.
Questo effetto viene sfruttato sia per idratarsi più velocemente, infatti spesso nei preparati per le borracce i carboidrati sono presenti, che nella fase di recupero per accelerare l’assorbimento delle proteine che serviranno per riparare le fibre muscolari, ma di questo parleremo più avanti. Nell’intestino prosegue la digestione dei carboidrati complessi, processo che li trasforma in zuccheri semplici, e l’assorbimento di questi.
Anche nell’assorbimento, che possiamo definire come il passaggio dall’intestino al sangue, va evidenziato un aspetto: se si sta correndo intensamente ed il consumo di zuccheri è elevato sapere che il glucosio e il fruttosio entrano nel sangue da “porte” diverse è importante perché dosando correttamente questi due zuccheri la velocità di rifornimento può essere massimizzata.
Altro aspetto importante è che la velocità con la quale i carboidrati vengono trasformati in zuccheri semplici per essere assorbiti è differente e dipende dalla composizione e dalla complessità della struttura dei carboidrati. Questa caratteristica è sfruttata per regolare il timing di assunzione dei carboidrati e fare in modo di avere un flusso costante anche assumendoli ad intervalli relativamente lunghi.
Quando il glucosio entra nel sangue causa, ancora una volta, un bel movimento: come la sua concentrazione ematica aumenta entra in azione l’insulina.
Definirei l’insulina un “magazziniere impreciso” che viene “acceso” dal glucosio e che quando si attiva mette negli scaffali tutto quello che trova in circolo sia che si tratti di zuccheri che di grassi o aminoacidi derivanti dalle proteine. L’insulina quindi fa si che il glucosio venga stoccato, se non sono pieni nei depositi di glicogeno e successivamente se ne avanza, viene trasformato in grasso e depositato. Questo però è vero se sono a riposo, infatti il movimento comporta un consumo del glucosio ematico, che limita la liberazione di insulina e non permette che il glucosio sia trasformato in grasso o trasformato in glicogeno: viene utilizzato per il movimento.
Infatti quando stiamo correndo, siamo a digiuno o andiamo in ipoglicemia, entra invece in azione il glucagone. Il glucagone manda il segnale contrario: c’è poco glucosio, liberatelo dal glicogeno, consumate i gassi, sintetizzatelo dagli aminoacidi!
Mentre il primo ed il secondo sono segnali che non creano conseguenze muscolari, il terzo può creare qualche problema. Lo sapete da dove derivano le proteine che diventeranno aminoacidi e poi glucosio? Inizialmente da quelle circolanti nel sangue come l’albumina, ma poi da quelle muscolari. Si, da quelle muscolari!
Avere chiaro che la fonte primaria dalla quale il nostro organismo recupera glucosio quando non ne assumiamo sono proteine è importante, perché un’obiettivo dell’integrazione alimentare, nelle gare di endurance, è limitare al massimo questo fenomeno.
Quando il nostro panino è completamente digerito lo stimolo di liberazione dell’insulina può essere così forte da liberarne tanta da lasciarci poco dopo completamente vuoti di glucosio ematico: in ipoglicemia da rimbalzo.
Per evitare questo effetto si è misurato l’indice glicemico dei cibi, che misura la capacità di stimolare la liberazione di insulina dopo l’ingestione di una quantità standard di alimento. Siccome l’insulina tende a “stoccare” il glucosio, gli alimenti con indice glicemico più basso tendono ad essere trasformati in energia. Tuttavia questo aspetto viene molto limitato sotto sforzo, per azione del glucagone.
Ma se il mio obiettivo è ripristinare velocemente le scorte di glicogeno muscolare o attivare la sintesi proteica, la liberazione di discrete quantità di insulina è gradita e quindi anche l’assunzione di zuccheri semplici che hanno un elevato indice glicemico. Questo viene ampiamente sfruttato nel post allenamento, per accelerare il recupero.
Ma ora scusatemi, vado a mangiare un panino, magari con un buon bicchiere di vino…
Fonte: www.dietatleta.it