Le crisi metaboliche sono un’eventualità ben nota ai corridori di lunga distanza. La versione più celebre di queste crisi è quella legata all’esaurimento delle riserve di glicogeno durante la maratona: è quel tipo di “cotta” che gli americani chiamano THE WALL (il muro). La spiegazione classica dice che il podista incontra il muro quando esaurisce le sue riserve di glicogeno epatico e muscolare, e si trova costretto a utilizzare gli acidi grassi come substrato energetico, un combustibile meno efficiente del glicogeno.
Di conseguenza, a parità di impegno dell’apparato cardio-circolatorio, cresce la fatica, si vivono situazioni di disagio e il passo rallenta sensibilmente. In realtà sembra che nella crisi abbia un ruolo importante anche la competizione per l’utilizzo del glucosio di origine epatica tra muscoli e cervello. Il glicogeno epatico, a differenza di quello muscolare è infatti convertibile in glucosio utilizzabile dal cervello.
Quando il cervello avverte che questo tipo di glicogeno comincia a scarseggiare a seguito dello sforzo, invia dei segnali perché l’andatura rallenti in modo da “razionare” il carburante ancora presente. Una volta si riteneva che il fattore limitante della prestazione fosse soprattutto il muscolo, oggi sappiamo che invece lo è anche il cervello.
Si tratta di un limite che ha delle ripercussioni fisiche, molto concrete. La cosa diventa evidente soprattutto nelle ultramaratone. Ha luogo una vera e propria disorganizzazione del sistema nervoso, che ha interferenze importanti sul piano motorio: compromissione dell’equilibrio, della coordinazione, diminuzione della capacità di reclutamento efficace delle fibre ecc.
Quelli che hanno assistito all’arrivo di un’ultramaratona, hanno ben presente i concorrenti che corrono in modo goffo, rigido e meccanico, rischiando continuamente di inciampare. Ciò è dovuto ad una ridotta funzionalità coordinativa. E’ il modo di reagire alla crisi che finisce per fare la differenza. Reagire con ansia, con allarme al sopraggiungere della crisi ha conseguenze negative sia sul piano comportamentale, che su quello fisiologico. A volte con conseguenze drastiche come l’abbandono. Ma la nostra reazione agli eventi stressanti dipende dal modo in cui li viviamo. Modificare gli atteggiamenti generali è difficile, ma possibile.
Ecco alcuni consigli:
- regolate correttamente le vostre aspettative, considerando la possibilità di una crisi;
- allenatevi a considerare gli eventi negativi come temporanei;
- focalizzate tutta la vostra attenzione sulla sequenza motoria;
- evitate di pensare a “quanti km mancano ancora”;
- non incrementate inutilmente il ciclo dell’ansia.
Fonte: www.runningitalia.it