Anche quest’oggi, per comprendere meglio il ruolo della rapidità nella corsa, occorre fare un passo indietro in maniera da poter osservare tutto nella sua globalità, prima di avvicinarsi ad osservare nello specifico. Partiamo quindi da un presupposto fondamentale, spesso si identifica la rapidità al pari della velocità, questo non è a dire il vero un errore enorme, ma è pur sempre un’inesattezza ed è quindi bene che vadano distinti. Metodologicamente parlando è più corretto parlare di rapidità: intesa come la capacità di dei singoli segmenti corporei; mentre si parla di velocità quando si fa riferimento ad un intero corpo o oggetto, nel rapporto spazio-tempo.
Non invento nulla, ma riporto pari-pari la definizione di rapidità espressa da Grosser nel 1991, che rende certamente meglio l’idea: “per rapidità, nello sport, si intende la capacità di raggiungere, in determinate condizioni, la massima velocità di reazione e di movimento possibile, sulla base di processi cognitivi, di impegni massimi di volontà e della funzionalità del sistema neuromuscolare.”
Bingo!
Si, “bingo”, perché le ultimissime parole sono un assist perfetto per proseguire e centrano perfettamente il bersaglio: “funzionalità del sistema neuromuscolare”. Quando a inizio percorso, con il primo articolo, vi ho elencato le capacità condizionali, non ho fatto cenno volutamente alle capacità coordinative, che a prima vista si direbbe poco hanno a che fare con le prime, ma in realtà la rapidità è proprio una forma di sollecitazione motoria in grado di poter essere attribuita anche alle capacità coordinative, laddove per esse si intenda l’insieme di capacità utilizzate per apprendere, controllare, adattare e trasformare un movimento; in sostanza trattasi di una manifestazione esterna del sistema nervoso centrale (snc).
Dopo questo preambolo va da sé quindi che negli sport di squadra specialmente, la rapidità svolga un ruolo davvero importante, mentre nella corsa va ovviamente distinta a seconda delle specialità: prove veloci e discipline tecniche dell’atletica leggera quali discipline di salto e di lancio ad esempio, devono necessariamente passare dall’allenamento di questa capacità fondamentale, mentre un Ultra Trailer ovviamente dedicherà ad essa una minima parte di allenamento (vanno sempre valutate però le differenti casistiche).
CLASSIFICAZIONE DELLA RAPIDITA’:
Lo schema di qui sotto vi aiuterà certamente a comprendere meglio il nesso tra le diverse forme di rapidità e la loro applicazione:
Alessia è una giovane sprinter, partecipa a gare sui 100 e 200 metri e proprio sui 100 metri ha una fase di accelerazione davvero importante, da 0 a 30 metri, che le consente di competere con le migliori della propria batteria. In una gara importante analizzando i diversi settori alla telemetria si è scoperto che, facendo scattare il cronometro nell’istante in cui Alessia scatta dai blocchi, ha corso con lo stesso tempo della terza in questa prima fase di accelerazione, è stata addirittura più veloce di 10 centesimi nella fase di massima velocità (30-70 metri) e di pochissimi centesimi nella fase decrescente, fino ai 100 metri.
Viene da pensare quindi che Alessia abbia conquistato il podio ed invece, seppur di pochissimo…è quarta! Eppure Alessia si è allenata tantissimo sugli sprint brevi, ha lavorato duramente per mesi e nella gara più importante per lei è ai piedi del podio, come può essere successo? Se siete stati attenti avrete già una risposta, e questa sta nel fatto che capacità di reazione semplice di Alessia è stata insufficiente, ovvero la sua risposta allo stimolo dato dallo sparo dello starter è risultata lenta e quindi, pur correndo sui tempi delle migliori, la scarsa rapidità di reazione acustica è stata la discriminante del suo “insuccesso”.
Fortunatamente per lei questa capacità è allenabile, ovviamente il miglioramento non è sempre significativo, ma in media, secondo studi, sembra che essa sia migliorabile fino al 15%, mentre la rapidità di reazione complessa (reazione di scelta rispetto alla variabilità di segnali, tipica degli sport di squadra) è migliorabile fino a circa il 40%.
Non entro nel dettaglio della meccanica relativa alla reazione e ai tempi di latenza per non annoiarvi, ma è ovvio che al ridursi delle tempistiche di gara, con prove sempre più veloci, sia fondamentale avere un’ottima capacità di reazione e che questa per atleti di vertice soprattutto vada allenata in maniera da poter essere competivi sin dai primi metri di gara. Si, anche per le gare di Skyrunning tanto care ai lettori di Infinity Run: un atleta Elite che voglia imporre un ritmo elevato sin da subito, per scremare il gruppo, avrà bisogno anche di questa capacità di reazione per poter sorprendere i propri avversari e portarsi da subito in testa al gruppo. Così come lo stimolo può essere ottico e non solo acustico, ad esempio la rapidità di reazione all’attacco di un avversario osservando la variazione della sua meccanica di corsa; oppure ancora anche soltanto uno stimolo tattile.
La rapidità assume poi diversi connotati a seconda che il movimento sia ciclico o aciclico, come indicato sopra, essa è condizionata soprattutto dai processi neuromuscolari di controllo, quindi da un ottimale coordinazione intramuscolare (interna al muscolo) ed intermuscolare (tra muscoli diversi), quindi ancora dal maggior reclutamento del numero di fibre muscolari.
Normale che, trattandosi di velocità massimali, esse vadano allenate in quanto tali, con recuperi adeguati e completi. Spesso l’errore che si commette è quello di lavorare a livello neuromuscolare con intensità non massime, oppure in condizioni di affaticamento, quindi con pattern d’attivazione inferiori rispetto a quelli richiesti.
Essendo poi (e qui torniamo alle prime righe del nostro articolo) una capacità condizionale, ma anche coordinativa, va da se che occorra lavorare anche sulla tecnica e sulla coordinazione del gesto per trarne il maggior risultato possibile.
Penso che, a questo punto la vostra domanda sarà: “Ok…chiaro, ma nel dettaglio, quali riferimenti posseggo per capire se sto migliorando dal punto di vista della rapidità?”
Rispondere a questo quesito non è però così immediato, in quanto, come abbiamo imparato, bisognerebbe capire di che rapidità si tratta, occorrerebbe “visionare” l’atleta in questione, proporre dei test specifici e molto altro ancora, però uno spunto di riflessione interessantissimo, applicato alla corsa, lo da il tempo di contatto al suolo.
TEMPO DI CONTATTO AL SUOLO, QUOZIENTE DI RAPIDITA’ E CADENZA DI CORSA:Partendo dal presupposto che rapidità ciclica e aciclica possono avere in un soggetto valori anche molto diversi tra loro, ecco che al podista interessa principalmente allenare la prima forma di rapidità ed in particolare interessa conoscere un parametro che, al giorno d’oggi grazie ai moderni gps d’allenamento, è possibile approfondire.
Già nel 1991 un importante scienziato del movimento, Lehmann, inventò la formula per ricavare il quoziente di rapidità e quindi conoscere le qualità di un atleta, in particolare in età giovanile per poter indirizzare il ragazzo in futuro ed inviduarne il talento.
Quali sono i metodi per misurare queste due forme di rapidità? Per la rapidità ciclica si fa riferimento al tapping podalico, ovvero l’alternanza di appoggio dei piedi destro e sinistro alla massima velocità, su di una superficie piana, nell’unità di tempo. La rapidità aciclica invece viene misurata attraverso il tempo di contatto al suolo dopo un semplice salto in basso e successivo rimbalzo.
QUOZIENTE DI RAPIDITA’ (Lehmann, 1991) = Frequenza in Hertz x 1000 / Tempo di contatto al suolo in ms
Ora a voi lettori, più che il quoziente di rapidità penso proprio possa interessare il tempo di contatto al suolo e la maggior frequenza dei passi, che sono le due principali forme di espressione della rapidità (nelle sue varianti) applicata alla corsa. Aprendo semplicemente Garmin Connect o un programma affine vi sarete accorti di come, di recente, sono stati introdotti dei nuovi concetti: lunghezza del passo, cadenza di corsa, rapporto verticale, tempo di contatto al suolo Ho evidenziato proprio i due parametri maggiormente inerenti all’argomento e, ancora una volta, cerco di venirvi in aiuto con un esempio pratico. Simone è un corridore di 29 anni, da pochi anni appassionatosi alla corsa su strada, particolarmente competitivo sulle 21km. Da fine 2015 abbiamo iniziato una piacevole collaborazione e, previa sua autorizzazione, utilizzerò alcuni suoi dati per rendere maggiormente completo questo articolo.
Come potrete osservare nello step evidenziato di giallo, Simone ha corso ad un ritmo elevato, in soglia anaerobica, con un ottimo tempo di contatto al suolo (206) ed una cadenza discretamente buona, intorno ai 188 PAM.
I valori di qui sopra sono percentili di riferimento e quindi è sempre più importante conoscersi o conoscere il proprio atleta per capirne punti deboli o punti forti ed in particolare questi valori vanno sempre messi in relazione con la proposta di allenamento svolta. Ad esempio qui sotto noterete che i valori ricavati prima nel lavoro da 4×1500 metri sono notevolmente aumentati…
se non fosse che…
…Simone si trovava in salita, intento a svolgere delle ripetute da 800 metri. Con una pendenza maggiore e quindi una resistenza superiore da vincere il tempo di contatto al suolo è risultato essere superiore. Ciò non toglie che questa sia una capacità da allenare per migliorare ancora di più la propria performance.
QUANDO LA RAPIDITA’ BREVE DIVENTA…RESISTENZA ALLA RAPIDITA’:Abbiamo visto fin qui le forme “pure” di rapidità, quando le resistenze applicate risultano scarse o trascurabili, per chiudere il nostro argomento però occorre osservare anche le forme “complesse”, ovvero quando la forza in opposizione risulta più difficile da vincere, oppure ancora (caso più interessante per il podista) quando essa viene protratta nel tempo. E’ senz’altro il caso delle ripetute medio-brevi, ad esempio sui 200 o sui 400 metri. In particolar modo le seconde sono ripetute di tipo lattacido (lo vedremo meglio nell’articolo riguardante i meccanismi energetici) e sono forme tipiche di resistenza alla rapidità. Questa capacità consente all’atleta di mantenere per periodi di tempo anche superiori a quelli proposti velocità di corsa elevate, a velocità sub-massimali, con un alta componente coordinativa.
CONCLUSIONI:
Ci avviamo verso la conclusione e mi preme specificare che, quanto esposto qui sopra, ovviamente assuma un carattere maggiormente specifico per gli sprinter ad esempio, piuttosto che per i fondisti, ma vanno comunque tenuti in considerazione i benefici dell’allenamento della rapidità e va sempre ben tenuto a mente il principio di specificità, ovvero dell’analizzare la disciplina svolta ed allenare ciò che viene maggiormente sollecitato.
Sta quindi al coach, allenatore o preparatore atletico, chiamatelo come preferite, capire l’atleta che ha di fronte ed aiutarlo ad indirizzarsi verso ciò gli obiettivi che vuole raggiungere, senza cercare di stravolgere le proprie caratteristiche ad ogni costo. Siamo quindi arrivati a chiusura di questa “prima tappa” del nostro viaggio in ambito di metodologia dell’allenamento, dopo aver osservato la resistenza, la forza ed oggi la rapidità. Vi sarete certamente accorti, da lettori attenti quali siete, di come queste capacità spesso ritornino e sembrano interconnesse tra loro. Capisco non sia facile comprendere tutto questo al meglio per un individuo abituato ad allacciarsi le scarpe ed uscire “semplicemente” a correre ma, come in tutte le cose, è una questione di obiettivi che ci si pone e certamente saperne di più su questi argomenti non potrà far altro che aiutarvi a rendere la strada da percorrere verso il raggiungimento degli stessi, forse non meno impegnativa, ma certamente più redditizia.
“Il giovane cammina più dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”.
(Antico proverbio africano)
Fonte: www.zetatraining.it