Un fattore fondamentale della preparazione è capire a quale velocità bisogna correre. Spesso la velocità viene determinata con calcoli che si basano sui tempi ottenuti tramite test o gare, magari cercando di migliorare di volta in volta la prestazione ottenuta la settimana precedente nel medesimo allenamento. Ogni allenamento, che si svolge dal lento al lungo al collinare, dovrebbe essere svolto ad una intensità che permette di sviluppare al meglio le componenti che ci stiamo prefissando e per poter determinare il reale carico interno o sforzo abbiamo un importante mezzo oggettivo che è il cardiofrequenzimetro. Questo strumento ci permette di monitorare la frequenza cardiaca e di capire se l’intensità del lavoro che stiamo svolgendo è corretta per il tipo di allenamento che ci siamo prefissati.
L’utilizzo della frequenza cardiaca fine a se stessa senza aver prima effettuato un test di valutazione è limitante. Per esempio, la corsa a 165 bpm (battiti per minuto) per alcuni soggetti può rappresentare il fondo lento mentre per altri il medio e per altri ancora la potenza aerobica.
Vi sono vari test per determinare i vari stadi della frequenza cardiaca, il più oggettivo è il test del lattato che mette a confronto la frequenza cardiaca con la produzione di acido lattico a varie intensità. Dai risultati vengono estrapolate le due soglie principali per un maratoneta: la soglia aerobica e quella anaerobica. La soglia aerobica indicativamente viene individuata a 2 mmol/l (millimoli per litro, espressione scientifica della concentrazione di acido lattico nel sangue); il substrato principalmente utilizzato sono i grassi o lipidi, sopra tali concentrazioni gli zuccheri rimangono pressoché l’unica benzina disponibile al nostro organismo. Poi abbiamo la soglia anaerobica: per concentrazione di acido lattico superiore alle 4 mmol/l la sua produzione, soprattutto nelle fibre muscolari, supera la sua rimozione ed inizia ad accumularsi nel sangue, tale intensità porta al raggiungimento delle fatica in qualche decina di minuti (entro l’ora) e durante l’allenamento va gestita con attenzione.
Per esempio se in un soggetto attraverso il test viene calcolata una frequenza cardiaca alle 2 mmol/l di 155bpm (denominata soglia aerobica) e una frequenza cardiaca alle 4 mmol/l di 170bpm (denominata soglia anaerobica) risulteranno le seguenti frequenze cardiache allenanti:
- Riscaldamento: sotto i 135bpm (in questa fascia si utilizzano soprattutto grassi e lo stimolo fisico è molto leggero, bassa percentuale del massimo consumo di ossigeno)
- Fondo lento: da 135 a 145bpm (in questa fascia si potenzia al meglio la capacità del corpo di utilizzare i grassi come energia, percentuale medio-bassa del massimo consumo di ossigeno)
- Ritmo maratona: da 145 a 155bpm (in questa fascia si ha ancora un buon equilibrio tra grassi e zuccheri utilizzati e si può coprire una distanza come la maratona, percentuale media del massimo consumo di ossigeno)
- Medio: da 155 a 165bpm (in questa fascia si stimola in modo importante il metabolismo degli zuccheri e si aumentano le sue riserve, percentuale medio alta del massimo consumo di ossigeno”)
- Interval training estensivo: da 165-175bpm (in questa fascia si stimola la capacità del corpo di reggere elevate intensità per periodi di tempo prolungati, percentuale elevata del massimo consumo di ossigeno)
L’utilizzo della frequenza cardiaca è un ottimo strumento per allenarsi, ma è altrettanto fondamentale determinare con precisione le frequenza cardiache allenanti attraverso test idonei.
Fonte: www.runningitalia.it