A spingermi stamattina a Casalserugo è stato più che altro il senso di colpa derivante dagli ultimi due giorni di abbuffate, e la frase che mi ha girato per la testa fin dalla sveglia alle 6:10 è stata: “ma chi me lo fa fare“, comunque mi vesto lungo e parto, la location mi era nota perche quest’estate ero venuto ad una tappa della Summer Run e arrivo presto, parcheggio comodo e vado ad iscrivermi, il temometro segna 0°C e sono in dubbio se cambiarmi e mettermi qualcosa di più pesante, ma decido di resistere… guardando le facce in giro vedo espressioni più o meno come la mia, ma noto una discreta partecipazione, tutti tentano di scaldarsi in qualche modo e molti partono anche prima dell’avvio ufficiale alle 8:00, io resisto ancora e fortunatamente lo speaker annuncia la partenza un attimo prima che mi cascassero le falangi. Ho fatto poco riscaldamento e zero stretching per cui parto pianino, provando a fatica a muovere le dita sperando di scaldarmi, qualcuno mi passa, saluto un paio di volontari e di signori alle finestre.. dopo 2km c’è subito un ristoro (probabilmente a beneficio di chi fa i 5km), ma decido di non fermarmi e procedo.
Un altro paio di km e capisco perché corro: la frase che mi ha macinato in testa fino a pochi minuti prima si trasforma in “meno male che sono venuto!“, mi sono un po’ scaldato, comincio a guardarmi intorno e provo una gioia ed una serenità che mi ripagano dei geloni e della levataccia.
Il percorso è praticamente tutto su stradine asfaltate, ma senza la minima traccia di traffico, ai lati della strada i fossi congelati e l’erba, coperta di “brosema” che il pallido sole fa brillare come tanti diamanti, a destra e a sinistra campi arati di fresco che emanano il classico odore di terra concimata da poco, il silenzio è rotto solo dai passi e dal chiacchiericcio dei podisti e in lontananza qualche cacciatore prova a portare a casa una preda. Riconosco i paesaggi tipici della mia infanzia e mi torna alla mente quando, durante le vacanze natalizie, da piccolo uscivo nei campi con enormi zolle indurite dal gelo a cercare nuove avventure e spesso tornavo a casa fradicio per l’errata valutazione dello spessore del ghiaccio di qualche fosso…
Perso tra i miei pensieri (ormai corro senza cuffiette da oltre un mese) arrivo ad un ristoro e approfitto per un bicchiere di te caldo e per scambiare due chiacchiere con le gentili signore che me lo servono. Poco avanti un cartello mi informa che sono al 12°km dei 18 previsti (la terza opzione era 14 km) e onestamente sono un po’ provato, dal freddo, dai cenoni e dal fatto che sono fermo da una settimana, quindi comincio a fare un po’ di conti giusto per non pensarci quando mi capita di passare davanti ad una casa dove un vecchietto sta rastrellando le foglie nell’aia, ci guardiamo e ci rendiamo conto che probabilmente stiamo pensando la stessa cosa l’uno dell’altro: “ma questo, alle 8.30 del 26 dicembre, non ha altro da fare?” Sorridiamo, gli auguro buone feste e mi immetto in una carreggiata tra due campi: unico km sterrato del percorso, il rumore delle gocce di rugiada che cadono dai rami secchi sulle foglie del fosso mi accompagna fino all’asfalto e al cartello 15 decido di provare ad alzare un pochino il ritmo, inaspettatamente neanche 2 km dopo compare un cartello “ultimo KM“, mi sembra un po’ prematuro ed infatti, arrivato alla fine pare che manchino 20 0m all’appello, sento che parecchi commentano questo grave errore nella creazione del percorso.. la testa di qualche organizzatore cadrà, ma onestamente io sono molto contento delle sensazioni che questa corsa mi hanno fatto provare: ho chiuso in 1:23:43, ma mi importa poco, sono stato proprio bene.
Al ristoro finale panini con la salsiccia, dolci e frutta, annaffiati da the, vin brulè e acqua. Vedo parecchie ricche ceste di prodotti sul camion dello speaker, ma prendo il mio bicchiere di the bollente e vado verso la macchina a cambiarmi. Il caso vuole anche che incontri un mio ex compagno di liceo al quale faccio gli auguri prima di tornare verso casa nel veneziano. Con il cuore scaldato da questa bella una corsa nella campagna padovana.
Michele Nodari